“Salumi 4.0, sapori d’altri tempi”
Più che un’intervista direi una chiacchierata, lo scorso Mercoledì abbiamo aperto le porte ai giornalisti de Bresciaoggi, Marta Giansanti e Fabrizio Cattina (per le foto): abbiamo semplicemente parlato di noi, raccontato la nostra vita il nostro lavoro, i nostri sogni e progetti per il futuro… l’articolo posso dire, si è scritto da solo con il nostro entusiasmo nel raccontare e la voglia di Marta di chiedere e capire tutto ciò che ci sta dietro.
Siamo molto orgogliosi del risultato perché davvero questi professionisti hanno saputo cogliere nel segno, hanno dato risalto alle emozioni senza perdere di vista l’informazione… ed i complimenti non sono tardati ad arrivare… ma per chi se lo fosse perso, ecco qui l’articolo a pagina intera pubblicato sul giornale Bresciaoggi di Mercoledì 10 Febbraio 2021, sia cartaceo che online…

Siamo agli inizi degli anni Cinquanta, in una terra fertile e ricca. In un piccolo paese immerso tra la Franciacorta e la Bassa Bresciana». Ha inizio così la lunga storia dell’azienda agricola Al Berlinghetto, una realtà produttiva a conduzione familiare che ha fatto del connubio «tradizione e innovazione», la sua vera forza. Nata dal nonno Bellini e tramandata di padre in figlio con un limitato allevamento di suini, «quanto bastava a una produzione di salumi per un consumo in famiglia, estesa tutt’al più a qualche amico».
Ma è nel 2005 che arriva la svolta: una ventata di freschezza portata dall’intraprendenza del nipote Luigi, che all’epoca di anni ne aveva solo 25. «La passione per questo mondo – ammette- ha facilitato ogni cosa». Sarà lui a dare il via a un’avventura che ancora oggi accompagna l’azienda. Capace di unire passato, presente e futuro. Memoria e progresso. Allevamento, produzione, vendita e degustazioni: tutti in un solo colpo. «Le nostre carni hanno sempre seguito il rigido disciplinare del Prosciutto di Parma e del San Daniele, a cui erano destinati», racconta Paola Loda, dell’ufficio marketing e compagna di Luigi Bellini.
Una sinergia non da poco che ha fatto scattare la molla: e allora, perché non pensare di entrare nel mercato? «È nato tutto quasi per gioco – ricorda Luigi – Facevamo salami e cotechini prettamente nel periodo natalizio. Poi un piccolo salumificio e un negozietto». Il primo di una lunga serie di step che li ha portati ad ingrandirsi, passando dai 100 agli oltre 2 mila mq di estensione, tra laboratori per la lavorazione e cantine per l’ultima fase della stagionatura. Quest’ultime pensate appositamente «per riprodurre le condizioni climatiche dei sotterranei di un tempo permettendo la naturale formazione di muffe ed evitando di utilizzare additivi o starter (i batteri lattici per la guida alla fermentazione) che servirebbero a velocizzare i tempi di stagionatura».
Ad accompagnare il tutto, dal 2014, un ampio negozio dove oltre alla vendita, ogni Venerdì e Sabato (Covid permettendo) entrano in scena apericene, degustazioni a km zero, serate a tema con chef. Protagonisti indiscussi: i salumi prodotti. Oltre 40 varietà. Introdotta da poco anche la mortadella e gli insaccati cotti: «Un salto nel vuoto, diventato una particolarità, forse, unica sul territorio».
«Ma – tiene a specificare Paola – abbiamo sempre fatto il passo commisurato alla gamba». Una crescita sequenziale ed esponenziale fatta di studi, di ricerche e di prove sul campo. Nel 2005 il titolare dell’azienda, associata a Coldiretti, affiancato da mastri norcini è entrato nel mondo della lavorazione dei salumi, imparando le originarie tecniche con ingredienti esclusivamente naturali. Solo allora si è passati dal produttore al consumatore. Oggi vengono allevati ogni anno circa mille maiali (il 20 per cento continua ad essere venduto ai grandi marchi del San Daniele e del Parma), un lavoro curato dal papà Gabriele. Un processo che ha inizio proprio lì, con i suini, nati in Italia e nutriti esclusivamente con cereali e mais, coltivati in loco. E un’importante variante: età minima 15 mesi e un peso non inferiore ai 200 kg, «un valore aggiunto che regala carni più mature, sode, compatte e sapide».
E in mezzo a tanta tradizione non poteva mancare l’impronta 4.0: l’e-commerce. Ancora in una fase embrionale ma «che sta già ingranando la giusta marcia». Una vendita molto più complessa rispetto alle altre categorie di prodotti. «Qui la merce non si vende a pezzo ma a chilo»: una imponente difficoltà ma sulla via della risoluzione. «Abbiamo iniziato adottando la tecnica del preordine, con il prezzo al kg proprio come se si entrasse in negozio: si pesava il prodotto, si riferiva al cliente che poi, in caso di assenso, pagava. Un processo complicato e molto lento – spiegano.-. Dopo vari studi abbiamo trovato una soluzione più semplice: quella del “postaddebito”. Il cliente fa l’ordine ed effettua il pagamento che, però, verrà addebitato solo in un secondo momento, cioè quando il peso sarà quello esatto. Ma a quel punto il cliente non dovrà fare nulla: saremo noi a scalare l’importo richiesto che, solitamente, è sempre inferiore alla cifra inserita inizialmente. Una modalità che piace e le richieste arrivano da tutta Italia».
Una tecnologia utilizzata anche come pubblicità, sui social network: stories instagram, domande e sondaggi, dirette e foto su facebook, sono una vetrina per i loro prodotti. «Spesso vado nei laboratori quando sono in fase di macinatura, di insacco o disosso e riprendo tutto – descrive Loda -: domando e mi faccio raccontare i processi. È importante metterci a nudo, aprire le nostre porte al mondo esterno e mi piace che la gente veda la trasformazione di tutto quello che andranno a mangiare, scoprendo anche molte particolarità e nozioni che appassionano e incuriosiscono».
